APPALTO PRIVATO - Responsabilità Solidale Progettista e appaltatore - Corte d'Appello Milano Sez. IV Sent., 09-09-2022

APPALTO PRIVATO - Responsabilità Solidale Progettista e appaltatore - Corte d'Appello Milano Sez. IV Sent., 09-09-2022

In materia di appalto, quando l'opera presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l'appaltatore, verso il committente, ai sensi dell'art. 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, rendendosi sia l'appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni, costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nella medesima disposizione. Tale vincolo di responsabilità solidale trova fondamento nel principio di cui all'art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D'APPELLO DI MILANO

Sezione quarta civile

nelle persone dei seguenti magistrati:

Mariarosa Busacca - Presidente rel. est.

Anna Mantovani - Consigliere

Francesca Mammone - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. r.g. 925/2019 promossa in grado d'appello

DA

P.L. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Stefano Vicario, che lo rappresenta e difende come da delega in atti;

APPELLANTE

CONTRO

M.C. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Vittorio Tateo, che lo rappresenta e difende come da delega in atti

APPELLATO E APPELLANTE INCIDENTALE

G.M.P. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Donatella Dellachà, che lo rappresenta e difende come da delega in atti ;

APPELLATO

B.G. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Paola Villani, che lo rappresenta e difende come da delega in atti;

APPELLATO

A.A. S.p.A. (C.F. (...) ), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Andrea Russo, che la rappresenta e difende come da delega in atti;

APPELLATA

S.M. (C.F. (...) ), nella sua qualità di titolare nonché rappresentante legale della cessata ditta IMPRESA E.M.S. (P. IVA (...)), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Sandro Grossi, che lo rappresenta e difende come da delega in atti;

APPELLATO

IMMOBILIARE S.G. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...))

APPELLATA CONTUMACE

A.F. S.N.C. (C.F. (...))

APPELLATA CONTUMACE

Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, G.M.P. citava in giudizio, innanzi al Tribunale di Pavia, la società Immobiliare S.G. srl, per ivi sentirla condannare, a norma dell'art. 1669 c.c., al risarcimento del danno-quantificato in Euro Euro. 117.536,24 -subito in relazione a lamentati gravi difetti dell'immobile sito in V., Via L. n. 29/5 (presso il Condominio "O."), che gli era stato alienato dalla stessa Immobiliare.

Quest'ultima chiamava in giudizio l'Impresa E.M.S. (quale appaltatrice ed esecutrice delle opere, d'ora in avanti Impresa M.), l'A.F.A. di P.C. (quale esecutrice dei serramenti, d'ora in avanti A.F.A. e l'arch. P.L. (quale progettista delle opere, da un alto, e direttore dei lavori per i cementi armati, dall'altro lato.

Il terzo chiamato M., a sua volta, chiamava in causa il geom. B.G. (quale direttore dei lavori), il quale chiamava C.A. - ora A.A. (quale propria compagnia assicuratrice, d'ora in avanti A.), il perito industriale M.C. (quale progettista per l'isolamento termico ex L. n. 10 del 1991) e l'arch. P.L. (nelle indicate qualità).

Nel corso del procedimento, veniva disposta CTU, con nomina a consulente dell'ing. Giuseppe Asta, il quale accertava la sussistenza, nell'immobile dell'attore, dei seguenti vizi:

1) Con riferimento ai serramenti: notevoli spifferi d'aria tra la battuta delle porte finestre e la pavimentazione; notevoli carenze di isolamento termico tra falso telaio e telaio; fenomeni di condensa sul perimetro del vetro lato interno di tutti i serramenti; 2) Con riferimento alle murature e al solaio: presenza di notevoli ponti termici in corrispondenza dei pilastri, travi e corree; anomalie dell'isolamento termico delle murature perimetrali, lato camera da letto; carenza di coibentazione del solaio;

3) Con riferimento alla cucina: mancanza della canna di esalazione vapori;

4) Con riferimento alla abitazione: carenza di isolamento acustico.

All'esito del giudizio, il Tribunale così decideva:

- condannava Immobiliare S.G. a corrispondere all'attore l'importo di Euro 10.856,00 per i vizi 1-2, nonché Euro 22.000,00 per il deprezzamento dell'immobile, previa sostituzione dei serramenti a cura della medesima;

- condannava A.F.A. a tenere indenne il convenuto delle spese relative alla sostituzione dei serramenti ovvero a provvedervi direttamente;

- condannava A.F.A., M., G., C. e L., in solido fra loro, a tenere indenne il convenuto dell'importo di Euro 10.856,00 dedotta la sua quota;

- condannava A.F.A., M., G. e L., in solido fra loro, a tenere indenne il convenuto dell'importo di Euro 22.000,00 dedotta la sua quota;

- condannava A. a tenere indenne il geom. G. di tutte le somme cui il medesimo era stato condannato, dedotto lo scoperto del 10%;

- statuiva infine sulle spese di lite, condannando la convenuta ed i chiamati, in solido fra loro, a rifonderle all'attore, nonché A. a rifonderle al geom. G.;

- poneva definitivamente a carico solidale della convenuta e di tutti i chiamati le spese di CTU.

Avverso tale decisione hanno proposto appello, con due distinti atti di gravame, P.L., in via principale, e M.C., in via incidentale, chiedendone la riforma per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Si sono costituiti in giudizio G.M.P., B.G., A.A. spa (quale compagnia assicurativa di G., nei cui confronti lo stesso ha esteso la domanda di manleva e garanzia ,già proposta in primo grado) e S.M., tutti chiedendo il rigetto sia dell'appello principale che dell'appello incidentale, in quanto infondati, e insistendo per la conferma della sentenza impugnata.

In data 3.10.2019 l'appellante L. depositava atto di rinuncia alla vocatio in ius nei confronti di A.F.A., chiedendo che la stessa venisse estromessa dal giudizio (istanza su cui la Corte si riservava di provvedere con la presente sentenza).

All'udienza del 28.11.2019 veniva dichiarata la contumacia di Immobiliare S.G. in liquidazione, di A.F.A. e di M.S.: con riferimento a quest'ultimo, tuttavia, la dichiarazione di contumacia deve essere revocata, essendosi il medesimo costituito in data 5.8.2021.

Precisate quindi le conclusioni, come in epigrafe trascritte, e decorsi i termini assegnati alle parti per il deposito degli scritti conclusionali, la causa è stata decisa nel corso dell'odierna camera di consiglio.

Motivi della decisione

Preliminarmente si osserva come sia allo stato superata la richiesta, formulata da A.A. con riferimento ad entrambi gli appelli, di applicazione del disposto di cui all'art. 348 bis c.p.c., in quanto assorbita dalla stessa preferenza assegnata alla pronuncia di sentenza ordinaria a cognizione piena, non limitata ad un giudizio di tipo probabilistico, avendo la Corte ritenuto di non avvalersi della sua discrezionale facoltà di decidere a norma della disposizione citata: invero l'articolazione della materia controversa mal si conciliava con il giudizio meramente probabilistico previsto dall'art. 348 bis c.p.c., rendendo perciò opportuna la delibazione della causa con cognizione ordinaria, tanto più che l'impugnazione incidentale contiene critiche alla decisione di merito meritevoli di accoglimento, come meglio si dirà.

Passando al merito, è opportuno premettere che il primo Giudice ha valutato sussistenti, nell'immobile di proprietà di P., i seguenti vizi, come accertati dal CTU:

1) Con riferimento ai serramenti: notevoli spifferi d'aria tra la battuta delle porte finestre e la pavimentazione; notevoli carenze di isolamento termico tra falso telaio e telaio; fenomeni di condensa sul perimetro del vetro lato interno di tutti i serramenti; 2) Con riferimento alle murature e al solaio: presenza di notevoli ponti termici in corrispondenza dei pilastri, travi e corree; anomalie dell'isolamento termico delle murature perimetrali, lato camera da letto; carenza di coibentazione del solaio;

3) Con riferimento alla cucina: mancanza della canna di esalazione vapori;

4) Con riferimento alla abitazione: carenza di isolamento acustico.

Ha quindi ritenuto che essi - ad eccezione della mancanza della canna fumaria (vizio del tutto apparente già al momento della consegna dell'immobile) - rientrassero, per giurisprudenza costante, nei gravi difetti indicati dall'art. 1669 c.c., respingendo quindi le eccezioni di decadenza e di prescrizione dell'azione, sollevate dalla convenuta e dai terzi chiamati, alla luce del diffuso orientamento secondo cui i termini di cui all'1669 c.c. decorrono soltanto dal momento in cui il vizio dell'immobile sia percepibile in modo pieno, senza che rilevi, al fine del computo di tali termini, il fatto che l'acquirente del bene potesse avere cognizione del vizio stesso: decorrenza che veniva in concreto individuata nel momento in cui l'attore aveva ricevuto la relazione di CTP, ossia in data 15.2.2013, con conseguente tempestività sia della denuncia del 6.11.2013, sia della successiva citazione, avvenuta a seguito dell'integrazione di perizia di parte in data 12.5.2014.

Per i vizi citati ai punti 1-2 e 4 gli odierni appellanti sono stati quindi condannati al risarcimento dei danni, in favore di P., in solido con le altre parti del giudizio, delle quali è opportuno ricordare, in via preliminare, i ruoli rispettivamente avuti nella vicenda:

- Immobiliare S.G. è stata committente nel contratto d'appalto stipulato con l'Impresa E.M.S. per la costruzione di una palazzina ad uso residenziale di tre piani fuori terra in V. - via L., di cui fa parte l'unità immobiliare acquistata da P.;

- l'arch. P.L. è stato il progettista delle opere, nonché il direttore dei lavori relativamente ai cementi armati;

- il geom. B.G. è stato il direttore dei lavori;

- A. è stata la compagnia assicuratrice per la responsabilità civile professionale del geom. G.;

- il perito industriale M.C. è stato il progettista per l'isolamento termico;

- S.M., titolare della cessata omonima impresa individuale, è stato l'appaltatore delle opere;

- la A.F.A. si è occupata della fornitura e posa dei serramenti.

Quanto ai costi di ripristino, il Tribunale ha quantificato quelli relativi ai vizi di cui ai punti 1 e 2 nell'importo di Euro 10.856,00, mentre, con riferimento ai vizi acustici (punto 4), li ha liquidati in via equitativa, sulla base di una percentuale di deprezzamento del valore dell'immobile pari al 10 per cento, ossia in Euro 22.000,00, Ha quindi condannato:

- Immobiliare S.G. a corrispondere all'attore tali importi, previa sostituzione dei serramenti;

- A.F.A., M., G., C. e L., in solido fra loro, a tenere indenne il convenuto dell'importo di Euro 10.856,00 dedotta la sua quota;

- A.F.A., M., G. e L., in solido fra loro, a tenere indenne il convenuto dell'importo di Euro 22.000,00 dedotta la sua quota;

- A.F.A. a tenere indenne l'Immobiliare delle spese relative alla sostituzione dei serramenti ovvero a provvedervi direttamente

- A. a tenere indenne geom. G. di tutte le somme cui il medesimo era stato condannato, dedotto lo scoperto del 10%.

Ha, infine, addebitato le spese di lite in base al principio della soccombenza

Le impugnazioni (principale ed incidentale) proposte in questa sede non riguardano le statuizioni della sentenza relative alla sussistenza dei vizi riscontrati nell'immobile di proprietà di P. e la loro qualificazione ex art. 1669 c.c. (punti su cui pertanto si è formato il giudicato), bensì soltanto la responsabilità, per gli stessi, degli appellanti arch. L. e p.i. C..

Ritiene la Corte che il gravame principale sia del tutto infondato, mentre quello incidentale debba trovare accoglimento, per le ragioni di seguito indicate.

1. Sull'appello principale di P.L.

L'appellante lamenta l'erroneità della pronuncia impugnata, nonché la carenza di motivazione, in merito alla sussistenza della propria responsabilità, in via solidale con le altre parti, nella causazione dei vizi dell'immobile di proprietà di P., relativi sia all'isolamento termico che all'isolamento acustico della costruzione.

Quanto ai primi, l'appellante sostiene che, contrariamente a quanto statuito dal Giudice di prime cure, essi non siano "aspetti legati alla progettazione e costruzione dell'immobile" (pag. 7 sentenza di primo grado) eziologicamente imputabili alla propria prestazione, in quanto non attinenti alle modalità di utilizzo del cemento armato od alla sua solidità strutturale. Essi sarebbero riferibili, invece, alla direzione lavori generale, alla progettazione strutturale generale ovvero all'esecutore materiale dei lavori in muratura.

Parimenti, anche con riferimento alla carenza di isolamento acustico riscontrata nell'immobile oggetto di causa e ricondotto alla mancata adozione -già in fase progettuale- di idonee strategie volte al rispetto dei parametri previsti dalla legge per le abitazioni civili, l'appellante ne esclude l'imputabilità alla sua persona, in quanto si tratterebbe di problematiche relative alla fase esecutiva della realizzazione dell'opera e riguardanti il corretto utilizzo dei materiali isolanti, rimesse alle scelte del tecnico acustico all'uopo preposto, e -dunque- non afferenti alle componenti strutturali in cemento armato.

Tali censure non sono meritevoli di accoglimento, per le ragioni che seguono.

Risulta, anzitutto, dalla documentazione versata in atti che L., nella vicenda in esame, oltre ad essere il professionista responsabile della direzione del lavori per i cementi armati, ha operato, su incarico della Immobiliare S.G., anche -ed anzitutto- in qualità di progettista strutturale dell'intero complesso residenziale (una palazzina a tre piani) nel quale è collocato l'immobile oggetto del giudizio, predisponendo tutti gli elaborati grafici (planimetrie, prospetti) e le tavole architettoniche. Nella medesima qualità di progettista del fabbricato, inoltre, ha trasmesso l'istanza di permesso di costruire al Comune di Vigevano, correlata dalla relativa documentazione, che lo stesso ha provveduto a redigere (vedasi docc .2 e 4 fasc. appellante primo grado).

Ebbene, deve osservarsi che il progettista è quella figura professionale (architetto o ingegnere ) che ha il ruolo di definire preliminarmente tutti gli elementi che devono essere concretizzati nell'opera; egli occupa una posizione centrale nel processo edilizio, in quanto dalla sua capacità di interpretare correttamente la domanda e di trasporla sul piano progettuale in termini quantitativi e qualitativi definiti, misurabili e controllabili, dipende la possibilità di garantire la soddisfazione del committente e la corretta gestione del contratto di appalto; è quindi titolare di una funzione di studio, elaborazione, sintesi, proposta che si traduce in uno strumento di carattere unitario.

In questa veste il progettista deve garantire l'idoneità qualitativa dell'opera commissionatagli, in quanto eseguita con diligenza e competenza, esente da lacune e difetti e conforme alle norme di legge e ai regolamenti urbanistici.

In materia di appalto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, quando l'opera presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l'appaltatore, verso il committente, ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, rendendosi sia l'appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni, costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nella medesima disposizione. Tale vincolo di responsabilità solidale trova fondamento nel principio di cui all'art. 2055 cod. civ., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (cfr., ad es., Cass. n. 8996/2022 e n.29218/2017).

Né risulta in alcun modo dimostrata l'affermazione dell'appellante (che comunque non escluderebbe la sua responsabilità concorsuale) per cui egli avrebbe eseguito gli elaborati grafici depositati per l'ottenimento dei necessari permessi edilizi a seguito di indicazioni ricevute da parte del geom. G. (il citato doc. 3 contiene, invero, solo dei computi, scritti a mano, delle superfici), mentre egli stesso, nella richiesta di permesso di costruire, si definisce progettista delle opere (doc. 4 fasc. primo grado appellante).

Ciò premesso, nel caso di specie, con riferimento ai vizi di isolamento termico e isolamento acustico, riscontrati nell'immobile e ascritti in via solidale anche al L., devono essere condivise le considerazioni svolte dal primo Giudice, alla luce di quanto emerso dalle risultanze della CTU.

A) In particolare, quanto alla carenza di isolamento termico, il CTU, premesso che la problematica lamentata non poteva ritenersi ascrivibile, di per sé, ad una carenza di progettazione dell'isolamento (progettazione eseguita da C., come meglio si dirà), ha chiaramente affermato come la stessa fosse da riferirsi, oltre che, in parte, ad una gestione non corretta dell'immobile con una scarsissima ventilazione dei locali (che ha indotto il Tribunale a ridurre del 20 per cento l'importo liquidato per il danno in esame, a fronte della condotta concorsuale dell'attore), all'errata progettazione dello spessore delle pareti perimetrali, la cui dimensione strutturale (di cm 30) prevista in fase di predisposizione degli elaborati architettonici, ha contribuito alla determinazione dei vizi di coibentazione dei ponti termici e all'insorgenza si muffe e condense sulle pareti.

La relazione del CTU evidenzia invero che, seppure il progetto di isolamento termico redatto ex L. n. 10 del 1991 dal progettista M.C. prevedesse murature da 35 cm. con una specifica stratigrafia, tuttavia le murature in concreto realizzate "non corrispondono a quanto progettato sin dall'origine, poiché sia a livello architettonico che a livello strutturale, le pareti perimetrali hanno uno spessore progettuale di 30 cm." (relazione, pag. 29).

Invero, ha ancora spiegato il Consulente, "se si fossero realizzate le pareti perimetrali come da relazione ex L. n. 10 del 1991 i pilastri, dello spessore 25 cm, avrebbero potuto venir maggiormente protetti, poiché, pur ipotizzando 4 cm complessivi di intonaco, si sarebbero avuti, rispetto ai 35 cm di parete, almeno 6 cm per collocare in faseesecutiva un materiale isolante che avrebbe mitigato il ponte termico. Parimenti sarebbe stato di maggior spessore l'isolamento sulla trave. Il fatto che vi sia un doppio pannello isolante, interno e esterno, fa presupporre che il problema dei ponti termici fosse noto almeno in fase esecutiva. Di fatto però la realizzazione di pareti da 35 cmpare non sia stata affrontata già a livello progettuale. Una semplice verifica delle tavole architettoniche evidenzia come le pareti perimetrali siano state progettate di spessore pari a 30 cm e come, a livello strutturale, si siano indicati ingombri delle strutture tali da consentire, agli ingombri architettonici, una differenza tra il "filo esterno" delle strutture e quello delle murature pari a 2,5 cm" (relazione, pagg. 29-30).

E’ di tutta evidenza, dunque, come sia stata l'attività di progettazione delle componenti strutturali e architettoniche dell'edificio svolta dal L. -piuttosto che quella di direttore dei lavori della componente cementizia parimenti ricoperta dal medesimo- che, incidendo sulle dimensioni delle pareti e dei muri perimetrali, con conseguente riduzione degli spazi idonei all'inserimento di materiale isolante, ha avuto, come correttamente statuito dal Giudice di prime cure, un'efficacia eziologica nella causazione dei vizi di isolamento termico riscontrati, imputabili pertanto, in via solidale all'odierno appellante: se è vero, infatti, che il progettista C. aveva corretto lo spessore delle pareti previsto nei progetti di L., portandolo a 35 cm., di fatto però tale modifica non è stata realizzata, come accertato dal CTU, il quale ha concluso per la riconducibilità dei fenomeni riscontrati, in base alle rilevazioni strumentali, oltre che ad una gestione non corretta dovuta ad una scarsissima ventilazione dei locali, ad "aspetti legati alla progettazione e costruzione dell'immobile" (pag. 33), imputabili quindi, anzitutto, al progettista.

B) Anche con riferimento alla carenza di isolamento acustico, la Corte non può che condividere le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale in ordine alla responsabilità dell'appellante.

Dalle indagini peritali svolte dal CTU e dal suo ausiliario, ing. B., esperto in materia acustica, è infatti emerso come l'immobile non fosse conforme ai requisiti acustici passivi minimi previsti per gli edifici dalla Legge Quadro sull'inquinamento acustico (L. n. 447 del 1995) e dai suoi regolamenti attuativi collegati (nel caso specifico il D.P.C.M. 5 dicembre 1997), normativa ratione temporis applicabile al caso concreto (in quanto sicuramente antecedente all'epoca progettuale e costruttiva del condominio), essendosi il Comune di Vigevano dotato di un piano di zonizzazione solo a decorrere dal novembre 2005, ossia successivamente alla presentazione del progetto dell'edificio.

Il CTU ha spiegato come "la presenza di una normativa (il D.P.C.M. 5 dicembre 1997) antecedente rendesse obbligatorio realizzare l'edificio conforme alla normativa stessae che tale conformità deve avere origine già in fase progettuale, poiché in tale sedevengono individuate, in accordo con il tecnico competente in acustica ambientale e il progettista degli isolamenti termici, le strategie da adottare per il rispetto dei parametridi legge" (relazione, pag. 31).

Con tali chiare osservazioni, condivise dal primo Giudice, l'appellante non si confronta, affermando che le problematiche in esame non potrebbero essere ricondotte nell'ambito di attività del soggetto che in fase esecutiva ha supervisionato la correttezza dell'utilizzo del cemento armato per la realizzazione di parti portanti dell'immobile, laddove, invece, la responsabilità gli è addebitata nella qualità di progettista delle opere.

Risulta pertanto accertata la riconducibilità del fatto dannoso alla condotta di L., quale progettista architettonico- strutturale dell'intero complesso residenziale nel quale insiste l'immobile di proprietà di P..

Ne consegue l'infondatezza dell'appello principale.

2. Sull'appello incidentale di M.C.

A) Con il primo motivo di gravame l'appellante lamenta l'erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui il Giudice di prime cure lo ha ritenuto corresponsabile per i difetti di isolamento termico riscontrati nell'immobile, ritenendo che "in forza della natura solidale dell'obbligazione ex art. 1669 c.c., tutti i terzi chiamati - L., G., M., C. - dovranno rispondere, pro quota, nei confronti del convenuto, con l'unica limitazione, con riferimento alla posizione del C., ai soli vizi sub 1-2 riscontrati in perizia, per non avere quest'ultimo concorso nella eziologia del vizio acustico riscontrato".

C. evidenzia che, secondo il CTU, i difetti dell'isolamento termico non solo a lui imputabili, in quanto il costruttore ha eseguito i lavori in maniera totalmente difforme rispetto al progetto da lui predisposto.

Lo stesso appellante riferisce, in fatto, di avere ricevuto la richiesta, da parte dell'Immobiliare S.G., di redigere, a norma della L. n. 10 del 1991, il calcolo dello spessore del materiale isolante idoneo a garantire l'isolamento termico necessario per un edificio di quelle dimensioni, da realizzarsi con i materiali che gli erano stati indicati; aveva quindi predisposto il progetto, lo aveva consegnato e poi si era disinteressato della costruzione, non avendo ricevuto altri incarichi; solo quando gli era stata notificata la chiamata in giudizio, aveva appreso che il suo progetto era stato approvato dall'Ufficio Tecnico Comunale, ma che il costruttore aveva realizzato l'isolamento ed i muri in modo totalmente diverso, come accertato dal CTU.

Questi, infatti, nelle ultime dieci righe di pag. 27 della relazione, dava atto che i muri perimetrali, invece di avere uno strato di intonaco di cm. 2 sia all'esterno che all'interno - come previsto in progetto -, lo avevano di cm. 1/1,5 all'esterno e di cm. 1 all'interno; che l'isolamento applicato, invece di consistere in un pannello semirigido di cm. 5 - come previsto in progetto - era un feltro di cm. 6; che la camera d'aria invece di essere di cm. 6 -come previsto in progetto- era di cm. 8,5; che lo spessore complessivo della parete, invece di essere di cm. 35 - come ancora previsto in progetto - era di cm. 31; che sul solaio (pag. 28 della CTU, righe da 9 a 15), invece del pannello semirigido di cm. 8 - previsto in progetto -, era stato posato un doppio strato di feltro materassino.

L'appellante conclude che, essendo diversi, rispetto al suo progetto, sia le dimensioni che i materiali utilizzati, doveva escludersi l'esistenza di un nesso di causalità tra la propria condotta ed i vizi riscontrati.

La censura è fondata.

A prescindere dal fatto che il progetto di C. fosse o meno corretto, risulta, infatti, che esso non è stato seguito in sede di costruzione dell'immobile, con la conseguenza che manca la prova che la condotta di C. abbia contribuito alla causazione del danno.

Il CTU ha infatti evidenziato che, nelle osservazioni alla bozza della relazione di consulenza, C. aveva ripercorso la modalità di calcolo utilizzata all'epoca del progetto ex L. n. 10 del 1991, e che "su questi aspetti lo scrivente ritiene di non poter far altro che condividerli" (p. 20); ha aggiunto che all'epoca di redazione della predetta relazione, ossia fine 2005/inizi 2006, non vi era l'obbligo di progettazione dei ponti termici, dei quali si doveva al più tenerne conto ai fini del dimensionamento dell'impianto di riscaldamento; ha quindi concluso che "non si può, pertanto, ritenerela problematica lamentata ascrivibile, almeno a parere dello scrivente, ad una carenza di progettazione dell'isolamento" (pag. 29).

Era infatti risultato che, nella realizzazione della costruzione, non si è avuto riguardo all'elaborato predisposto da C., che prevedeva murature dello spessore di 35 cm., quanto a quello redatto in fase progettuale da L., che prevedeva una dimensione minore, mentre, se si fossero realizzate le pareti perimetrali come da relazione ex L. n. 10 del 1991, i pilastri, dello spessore di 25 cm., avrebbero potuto venir maggiormente protetti, come risulta dalle considerazioni svolte in ordine al primo motivo di gravame principale, cui si rinvia, per evitare inutili ripetizioni.

Non risultando pertanto provato uno dei requisiti essenziali della responsabilità risarcitoria, ossia l'esistenza del nesso di causalità tra la condotta di C. e la lesione del bene giuridico protetto, il primo motivo di appello incidentale deve trovare accoglimento.

B) Non appare invece fondato il secondo motivo di gravame con il quale C. censura la sentenza di primo grado per averlo il Tribunale ritenuto corresponsabile dei difetti dei serramenti, nonostante egli non avesse mai ricevuto o eseguito alcun incarico al riguardo.

Tale deduzione deriva da un'errata interpretazione della decisione, non avendo il primo Giudice attribuito alcuna responsabilità a C. relativamente alla realizzazione dei serramenti, per la quale ha riconosciuto la sola responsabilità della A.F.A., che infatti è stata condannata a rifondere interamente il relativo danno.

Si legge, in particolare, nella motivazione della sentenza, che, "in ordine a tale ultima obbligazione, risulta fondata la chiamata in causa da parte del convenuto nei confronti della ditta A.F.A. di P.C., che, pertanto, dovrà sostituire i serramenti, stante il difetto di montatura sul falso telaio, riscontrato dal CTU" (pag. 11 sentenza primo grado); in dispositivo, conseguentemente, la sola F. è stata condanna a tenere indenne l'Immobiliare delle spese relative alla sostituzione dei serramenti ovvero a provvedervi direttamente.

In ordine a tale vizio, pertanto, nessuna responsabilità è stata ascritta a C..

C) Con il terzo motivo di gravame, l'appellante incidentale lamenta l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto le eccezioni di decadenza e prescrizione previste dall'art. 1669 c.c., sollevate da tutti i convenuti e chiamati in causa.

L'accoglimento del primo motivo di appello, che determina il rigetto delle domande proposte bei confronti di C., è assorbente rispetto a tale motivo, non potendo, dall'eventuale accoglimento di questo, derivare all'appellante incidentale un risultato più favorevole, e quindi alcuna utilità.

3. Conclusioni

All'accoglimento dell'appello incidentale di C. consegue il rigetto di tutte le domande di regresso proposte nei suoi confronti, con conseguente caducazione della sua condanna a tenere indenne, "pro quota", l'Immobiliare S.G. dell'importo di Euro 10.856,00 dovuto dalla stessa Immobiliare all'attore P., con la conseguenza che le quote a carico dei coobbligati solidali (capo 3 della sentenza di primo grado) vengono ad espandersi proporzionalmente.

Uno di tali coobbligati è l'A.F.A., di cui l'appellante L. ha chiesto l'estromissione, avendo rinunciato alla sua chiamata in causa. Tale richiesta non può essere evidentemente accolta, in quanto, da un lato, tale ipotesi non rientra tra quelle in cui è prevista l'estromissione dal giudizio e, dall'altro lato, la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c. (cfr. ad es. Cass. n. 9013/22): tanto più che la presente pronuncia determina automaticamente effetti anche nei confronti della A.F.A., quale obbligata solidale, destinataria della condanna al pagamento di cui al punto 3 della sentenza impugnata.

P.A.A., già condannata a tenere indenne il geom. G. da tutte le somme che il medesimo è stato condannato a pagare, dedotto lo scoperto di polizza (punto 6 della sentenza), dovrà evidentemente tenerlo indenne anche dall'aumento della sua quota, conseguente all'accoglimento dell'appello di C..

Venendo quindi alla disciplina delle spese di lite, è consolidato il principio di diritto secondo cui "in base al principio fissato dall'art. 336 c.p.c., comma 1, secondo il quale la riforma della sentenza ha effetto anche sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cosiddetto effetto espansivo interno), la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado determina la caducazione ex lege della statuizione sulle spese e il correlativo dovere, per il giudice d'appello, di provvedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle stesse" (Cass. n. 13059 del 2007, ex multis).

Ovviamente, essendo stato accolto il solo appello di C., la riforma riguarda le sole statuizioni relative al rapporto processuale che lega il medesimo alle altre parti, con conseguente automatica caducazione della sua condanna a rifondere, pro quota, le spese di primo grado a P., che pertanto rimangono a carico, solidalmente, delle altre parti (punto 5 della sentenza).

I.C., in quanto parte vittoriosa, ha diritto al rimborso delle spese del doppio grado da parte di coloro che lo hanno chiamato in causa (M., G.), ovvero hanno svolto domande di regresso nei suoi confronti (Immobiliare S.G.).

Le spese di CTU rimangono a carico solidale della convenuta e di tutti i terzi chiamati, come disposto dal primo Giudice, trattandosi di prestazione svolta nell'interesse di tutte le parti, che ne hanno tratto vantaggio.

A.A., già condannata a tenere indenne il geom. G. da tutte le somme cui il medesimo è stato condannato (punto 6 della sentenza), dovrà evidentemente manlevarlo anche dalla quota di spese che dovrà versare a C..

La totale soccombenza di L., per contro, impone che sia quest'ultimo a tenere indenni gli appellati dalle relative spese del presente grado, con esclusione di Immobiliare S.G. e A.F.A., rimaste contumaci. Per quanto concerne la quantificazione delle spese, esse si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e considerati i parametri di cui all'art. 4 della Tariffa professionale, tra cui la complessità media delle questioni trattate, senza riconoscimenti, in appello, per la non svolta attività istruttoria: in particolare, per il primo grado, i compensi possono essere quantificati nella misura già liquidata dal primo Giudice, su cui nessuna delle parti ha svolto rilievi.

Ricorrono infine i presupposti per il versamento, da parte dell'appellante L., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti costituite, disattesa ed assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, in parziale riforma della sentenza n. 1367/2018 pronunciata dal Tribunale di Milano il 10.8.2018 e pubblicata il 4.9.2018, che nel resto conferma, così provvede:

- revoca l'ordinanza di contumacia nei confronti di S.M., pronunciata all'udienza del 28.11.2019;

- rigetta l'appello principale proposto da P.L.;

- in accoglimento dell'appello incidentale proposto da M.C., rigetta tutte le domande di regresso proposte nei confronti del medesimo;

- condanna Immobiliare S.G. srl in liquidazione, S.M. e B.G. (che ne sarà tenuto indenne da A.A.), in solido fra loro, a rifondere a M.C. le spese di lite del doppio grado, liquidate, per compensi, in Euro 4.835,00 per il primo grado ed in Euro 4.000,00 per il secondo grado, oltre, in entrambi i casi, al 15 per cento per rimborso spese generali, IVA, se dovuta, e CPA come per legge;

- condanna l'appellante P.L. a rifondere agli appellati costituiti le spese del presente grado, che liquida in Euro 4.000,00 per ciascuna parte, oltre al 15 per cento per rimborso spese generali, IVA se dovuta e CPA come per legge;

- dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del medesimo L., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115 del 2002, così come modificato dall'art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.

Così deciso in Milano, il 15 dicembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 9 settembre 2022.


Avv. Francesco Botta

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