VENDITA - Difformità prezzo tra preliminare e definitivo - Corte d'Appello Napoli Sez. III Sent., 02-02-2023
In ipotesi di difformità tra il prezzo indicato nel preliminare di vendita e quello dichiarato nell’atto definitivo di trasferimento, qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
-Sezione III Civile-
così composta:
dott. Maria Di Lorenzo - Presidente
dott. Regina Marina Elefante - Consigliere
dott. Massimo Torre - Giudice ausiliario Relatore
riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in secondo grado iscritta al n. 5686 del R.G.A.C. dell'anno 2019, riservata in decisione all'udienza collegiale del 21 settembre 2022, vertente
tra
V.D.L., codice fiscale (...), R.C., codice fiscale (...), T.C., codice fiscale (...), G.C., codice fiscale (...), G.C., codice fiscale (...), in qualità di eredi di C.G.C., rappresentati e difesi dall'avv. Sergio Clemente, codice fiscale (...), ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Cervinara (AV), Via Roma n. 20, come da procura in atti
appellanti
e
S.P., codice fiscale (...)
appellata - contumace
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 911/2019 resa dal Tribunale di Avellino e pubblicata il 16/5/2019
Svolgimento del processo
1 - Con atto di citazione dell'11/07/2011, C.G.C. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Avellino, S.P., G.G., F.G., A.G., P.G. e F.G., la prima anche in proprio e tutti quali eredi di O.G.. L'attore deduceva: I) che con preliminare di vendita del 14/1/2003 O.G. e S.P. avevano promesso di trasferire in favore di esso attore la proprietà di due appezzamenti di terreno siti in R. (A.), Contrada C., individuati catastalmente al Foglio (...) particelle (...) e (...) per il prezzo di Euro 51.645,00, di cui Euro 10.000,00 versati, in contanti, all'atto della sottoscrizione del preliminare ed Euro 41.645,00 da pagare contestualmente al rogito; II) che con atto a rogito del notaio M.T. di C., repertorio n. (...) del (...) - in cui i venditori dichiaravano l'insussistenza di aventi diritto alla prelazione sui beni venduti- esso attore aveva acquistato i suddetti beni immobili per il minor prezzo, dichiarato in atto, di Euro 2.750,00; III) che tale minor importo era stato oggetto di simulazione tra le parti ai soli fini fiscali, restando valide le condizioni precedentemente concordate con il preliminare; tant'è che esso attore aveva corrisposto, al rogito definitivo, il saldo prezzo mediante cinque vaglia cambiari; IV) che, nonostante la dichiarazione dei venditori circa l'assenza di soggetti aventi diritto alla prelazione, esso acquirente aveva subito l'evizione dei fondi acquistati per effetto della sentenza n. 100/2005 del Tribunale di Avellino (poi confermata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 2649/2010) che aveva dichiarato il riscatto in favore di F.F., M.F. ed A.G..
L'attore chiedeva, quindi, al Tribunale di dichiarare l'evizione totale con restituzione del prezzo effettivamente versato oltre interessi e rivalutazione; in subordine, di dichiarare l'annullamento o l'inefficacia del contratto e di disporre la restituzione delle somme indebitamente percepite dai venditori; di condannare comunque i convenuti al risarcimento dei danni oltre interessi e rivalutazione; vinte le spese.
2 - Si costituiva ritualmente S.P. la quale contestava la domanda sia in ordine al mendacio inerente la sussistenza di aventi diritto alla prelazione, sia in ordine al prezzo effettivamente corrisposto e chiedeva il rigetto delle domande attoree e, in subordine, la riduzione della sua responsabilità limitatamente alla sua quota ereditaria nella successione di O.G..
2.1 - Si costituivano ritualmente G.G. e F.G. le quali eccepivano di essere semplici chiamate all'eredità del de cuius O.G. e chiedevano dichiararsi il loro difetto di legittimazione passiva.
2.3 - Si costituivano ritualmente F.G. e A.G. i quali dichiaravano e documentavano di aver rinunciato all'eredità di O.G., rispettivamente, con verbale del 14/1/2015 e con verbale del 25/7/2011, quest'ultimo sottoscritto, sempre per rinuncia all'eredità, anche da P.G., parimenti evocata in giudizio e rimasta contumace.
3 - In data 23/7/2017 decedeva l'attore, C.G.C., ed il giudizio veniva ritualmente proseguito dagli eredi, odierni appellanti.
4 - Ammesse ed espletate le prove testimoniali richieste dall'attore, il Tribunale di Avellino riservava la causa in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti all'udienza del 22/10/2018.
5 - Con sentenza n. 911/2019, il Tribunale di Avellino dichiarava il difetto di legittimazione passiva dei convenuti A.G., F.G., G.G., P.G. e F.G. e, in parziale accoglimento delle domande attoree, dichiarava "l'evizione del fondo in danno degli attori" e, per l'effetto, condannava S.P. al pagamento in loro favore della complessiva somma di Euro 8.235,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Condannava, poi, la convenuta S.P. al pagamento dei 2/3 delle spese di giudizio che liquidava in Euro 3.500,00 oltre accessori.
5.1 - Il primo giudice ha posto a fondamento della decisione i seguenti rilievi: 1) i convenuti F.G., A.G. e P.G., i quali hanno rinunciato all'eredità, non sono eredi e non hanno legittimazione passiva. Le convenute G.G. e F.G., chiamate all'eredità, a seguito di interpello ex art. 481 c.c., risultano decadute dal diritto di accettare l'eredità per non aver reso alcuna dichiarazione. Per tutti i suddetti convenuti va, pertanto, dichiarato il difetto di legittimazione passiva.
S.P., convenuta in proprio e quale erede, in quanto essa stessa parte dell'atto di compravendita impugnato, risulta legittimata e va, dunque, esaminata la domanda proposta nei suoi confronti. 2) Quanto alla prelazione agraria, è risultato provato che l'acquirente non era a conoscenza di "una circostanza contraria rispetto a quella dichiarata dal venditore nell'atto di compravendita". 3) Quanto alla corresponsione del prezzo originariamente pattuito con il preliminare, non v'è prova sufficiente del suo effettivo pagamento. Con riguardo ai cinque vaglia cambiari emessi dal B.N. a favore dell'originario attore, C.G.C., non v'è prova della consegna degli stessi a favore dei venditori né prova dell'avvenuto incasso e da parte di chi. 4) Risulta provata l'evizione totale del bene acquistato dall'attore in ragione della sentenza, depositata in atti, dichiarativa del riscatto agrario in favore di F.F., M.F. e A.G., mentre non v'è prova sufficiente del pagamento di un prezzo superiore a quello risultante dall'atto pubblico di trasferimento. 5) Ai sensi dell'art. 1483 c.c. il compratore che subisce l'evizione totale della cosa ha diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 1479 c.c.. Il venditore deve, inoltre, corrispondere all'acquirente il valore dei frutti che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatto per la denuncia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all'attore. In particolare, l'art. 1479 c.c. prescrive che il venditore è tenuto alla restituzione del prezzo nonché le spese ed i pagamenti fatti per il contratto. In tema di liquidazione del danno risarcibile, il compratore evitto ha diritto di essere risarcito sia per la lesione dell'interesse negativo, che per la lesione dell'interesse positivo, ma quest'ultima solo nel caso di dolo o colpa grave dell'alienante.
6) Nella fattispecie, rientra nel danno emergente sia il prezzo versato dall'attore, sia le spese dei due gradi del giudizio dichiarativo del riscatto. Parte attrice, al contrario, non ha sufficientemente allegato e documentato il lucro cessante, limitandosi a dedurre "una generica e astratta possibilità di rivendere il fondo". 7) La convenuta va condannata alla restituzione delle seguenti somme: Euro 2.750,00 quale prezzo della vendita, Euro 675,00 oltre accessori quale metà delle spese legali dovute in base alla sentenza n. 100/2005 dichiarativa del riscatto; Euro 4.810,00 oltre accessori quale somma dovuta a titolo di spese legali in virtù della sentenza di secondo grado n. 2649/2010. Tutte le somme costituiscono debiti di valuta sui quali vanno corrisposti gli interessi al tasso legale dalla domanda al saldo. 8) Va rigettata la domanda subordinata della convenuta di condanna secondo la propria quota ereditaria in quanto la stessa, quale parte del contratto di compravendita per il quale opera la garanzia per evizione, risulta obbligata, ex art. 1294 c.c., in solido con l'altro contraente, per l'intero. 9) L'accoglimento della domanda di garanzia per evizione assorbe l'esame delle domande subordinate. 10) Le spese seguono la soccombenza, previa compensazione per 1/3 atteso il non completo accoglimento della domanda.
6 - Avverso detta sentenza, V.D.L., R.C., T.C., G.C. e G.C. hanno proposto appello.
S.P., ritualmente evocata in giudizio, non si è costituita e, per tanto, ne va dichiarata la contumacia.
7 - All'udienza del 21/9/2022, il procuratore degli appellanti ha precisato le conclusioni e la causa è stata riservata in decisione, con l'assegnazione del primo termine di cui all'art. 190 c.p.c..
Motivi della decisione
8 - Con un unico motivo gli appellanti censurano la sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c.. Deducono che il Tribunale non ha correttamente valutato la prova relativa ai pagamenti effettuati dall'acquirente evitto ed ha omesso di valutare i documenti depositati in atti.
Assumono che il pagamento dell'acconto risulta provato dalla quietanza rilasciata nel preliminare di compravendita agli atti del giudizio e che il pagamento del saldo è provato dalla documentazione depositata dagli attori con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c. e, segnatamente, copia di quattro dei cinque vaglia cambiari, costituenti il saldo prezzo, che risultano rispettivamente girati per l'incasso da G.G., S.C. s.a.s., G.F. e F.G.. Affermano che la consegna dei vaglia alla convenuta in prime cure è confermato dalle testimonianze acquisite nel corso dell'istruttoria. Deducono, in fine, che la circostanza dell'effettivo pagamento del prezzo indicato nel preliminare deve ritenersi ammessa in quanto è stata confermata dalla stessa convenuta, S.P., con la comparsa di costituzione e di risposta nel giudizio di primo grado. Deducono, per tanto, che "in riforma della sentenza di I grado, il prezzo della compravendita dovrà essere correttamente indicato in Euro 51.645,00 e non 2.750,00".
9 - L'appello va parzialmente accolto nei termini che seguono.
In tema di evizione, il secondo comma dell'art. 1479 c.c. afferma che "il venditore è tenuto a restituire all'acquirente il prezzo pagato". Nel caso di specie, il "prezzo pagato" da restituire è quello dichiarato nell'atto pubblico di compravendita.
Infatti, secondo consolidato principio giurisprudenziale - dettato dalla Suprema Corte proprio in ipotesi di difformità tra il prezzo indicato nel preliminare di vendita e quello dichiarato nell'atto definitivo di trasferimento - "qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordoposto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l'adempimento di detto distinto accordo" (Cass. n. 20541 del 2017; conforme Cass. n. 23307 del 2020).
Nel caso di specie, non emergendo agli atti alcuna prova scritta, coeva all'atto di vendita, che confermi che le parti avessero inteso mantenere valida l'obbligazione di pagamento del prezzo indicato nel preliminare di vendita, oramai superato in quanto "assorbito" dal contratto definitivo (Cass. n. 21656/2019), deve ritenersi che il prezzo dalle parti, da ultimo, convenuto sia quello di Euro 2.750,00 dichiarato, pagato e quietanzato nell'atto pubblico di trasferimento.
9.1 - Per altro, nel caso di specie, non risulterebbe neppure provata la tesi prospettata dagli attori in prime cure di simulazione del prezzo, atteso che il preliminare, in quanto precedente e non coevo al definitivo non può fungere da controdichiarazione ai fini della prova della simulazione (Cass. n. 20541 del 2017).
9.2 - Di contro, la domanda proposta dagli appellanti, di ripetizione delle somme pagate in virtù del contratto preliminare, deve essere accolta limitatamente all'importo di Euro 10.000,00. Infatti, in conseguenza del nuovo assetto delle reciproche obbligazioni convenuto dai paciscenti con l'atto definitivo di compravendita, il pagamento dell'acconto di Euro 10.000,00 -somma effettivamente ricevuta dai promittenti venditori i quali ne hanno, infatti, rilasciato quietanza nel preliminare stesso- deve essere considerato un pagamento indebito, essendo venuti meno gli obblighi e le prestazioni contenuti nel contratto preliminare, con conseguente obbligo di restituzione di tale importo da parte dei venditori.
9.3 - Non risulta, invece raggiunta la prova sull'avvenuto pagamento anche del saldo prezzo indicato nel preliminare. Con riguardo, infatti, ai quattro vaglia cambiari depositati, in copia, agli atti del giudizio, non può non sottolinearsi che gli stessi risultano emessi dal B.N. in favore dello stesso acquirente, C.G.C., e, da quest'ultimo, "girati" in favore di persone fisiche e giuridiche (le quali, a loro volta, li hanno girati per l'incasso) che non sono parte né del contratto preliminare né dell'atto pubblico di compravendita. Quindi, non possono costituire idonea prova del pagamento, in favore dei promittenti venditori, del saldo prezzo dissimulato.
Sul punto, poi, la dichiarazione testimoniale dell'arch. C. (il quale afferma di ricordare che "quando fu fatto il compromesso C. versò cinque assegni tutti in favore dei figli") oltre che generica, risulta inattendibile anche perché i vaglia cambiari in atti sono datati 19/2/2003 e, quindi, non potevano essere stati consegnati "quando fu fatto il compromesso" la cui sottoscrizione è, invece, anteriore di oltre un mese (14/1/2003) rispetto alla data di emissione dei vaglia stessi.
9.4 - Infine, il profilo di gravame per cui la circostanza dell'effettivo pagamento del prezzo indicato nel preliminare dovrebbe ritenersi ammessa in quanto confermata dalla convenuta, S.P., con la comparsa di costituzione e di risposta nel giudizio di primo grado (mentre il primo giudice, in sentenza, ha diversamente affermato che la convenuta aveva contestato la domanda attorea anche "in ordine al prezzo effettivamente corrisposto") non può ritenersi fondato. Infatti, dal contenuto della comparsa di costituzione e di risposta di S.P. nel giudizio di primo grado -così come testualmente trascritto dagli appellanti nell'atto introduttivo del gravame- non emerge la circostanza su cui gli appellanti fondano tale profilo di gravame e, cioè, che la convenuta in prime cure avesse dato "conferma" di aver ricevuto il pagamento della complessiva somma di Euro 51.645,00. Ferma restando, per tanto la statuizione del primo giudice di declaratoria dell'evizione e di condanna di S.P. al pagamento delle somme di Euro 2.750,00 quale prezzo della vendita, di Euro 675,00, oltre accessori, quale metà delle spese dovute in base alla sentenza dichiarativa del riscatto e di Euro 4.810,00 oltre accessori quale somma dovuta per le spese legali in base alla sentenza di appello di conferma della sentenza di riscatto, quest'ultima, in parziale accoglimento del gravame ed in parziale riforma della sentenza del Tribunale, deve essere condannata a restituire agli appellanti la somma di Euro 10.000,00 pagata e quietanzata con il contratto preliminare di compravendita.
10 - Con riguardo alle spese di giudizio, va applicato il principio secondo cui il giudice di appello, allorché accolga, anche in parte, il gravame, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va ripartito considerando l'esito complessivo della lite (Cass. n. 6259/2014). Ciò posto, l'accoglimento parziale della originaria domanda proposta dagli odierni appellanti giustifica la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio, nella misura di 1/3. I restanti 2/3 delle spese devono essere posti a carico della appellata e vengono liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando, sull'appello proposto da V.D.L., R.C., T.C., G.C. e G.C. nei confronti di S.P., in parziale riforma della sentenza gravata, così provvede:
1) dichiara la contumacia di S.P.;
2) in parziale accoglimento dell'appello -ferma restando la pronuncia del Tribunale di declaratoria dell'evizione e di condanna di S.P. al pagamento della somma di Euro 2.750,00 quale prezzo della vendita, della somma di Euro 675,00, oltre accessori, quale metà delle spese dovute in base alla sentenza dichiarativa del riscatto e della somma di Euro 4.810,00 oltre accessori quale somma dovuta per le spese legali in base alla sentenza di appello di conferma della sentenza di riscatto- condanna S.P. a pagare a V.D.L., R.C., T.C., G.C. e G.C. la somma di Euro 10.000,00 oltre interessi legali a far data dalla domanda (11/7/2011) fino all'effettivo soddisfo;
3) condanna S.P. al pagamento dei 2/3 delle spese processuali in favore di V.D.L., R.C., T.C., G.C. e G.C., spese che, già compensate per 1/3, si liquidano, per il primo grado, in Euro 3.250,00 per compensi oltre spese generali al 15%, iva e cpa e, per il grado di appello, in Euro 2.650,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.