ESECUZIONE FORZATA - Dichiarazione del terzo di sussistenza di precedenti pignoramenti - Cass. civ. Sez. III Ord., 05-04-2023, n. 9433
Nel procedimento di espropriazione dei crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., il terzo pignorato che dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato - precisando, però, che il relativo credito risulta già vincolato da precedenti pignoramenti - ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di questi ultimi (precisando, quindi, l'identità dei creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonché il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di eventualmente disporre, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.; nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà sollecitarne al terzo l'integrazione, fissando all'uopo una nuova udienza ex art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine, il cui vano decorso impedisce di intendere la dichiarazione come regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi alla relativa assegnazione in favore del creditore procedente. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUBINO Lina - Presidente -
Dott. TATANGELO Augusto - rel. Consigliere -
Dott. AMBROSI Irene - Consigliere -
Dott. PORRECA Paolo - Consigliere -
Dott. ROSSI Raffaele - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 5206 del ruolo generale dell'anno 2021, proposto da:
A.A., (C.F.: (Omissis));
B.B., (C.F.: (Omissis));
C.C., (C.F.: (Omissis));
D.D., (C.F.: (Omissis));
eredi di E.E. (C.F.: (Omissis)), deceduto in data (Omissis);
rappresentati e difesi, giusta procura allegata all'atto di costituzione di nuovo difensore, dall'avvocato Antonio Carrella (C.F.: (Omissis));
- ricorrenti -
nei confronti di:
INTESA SANPAOLO Spa (C.F.: (Omissis)), in persona del rappresentante per procura F.F. rappresentata e difesa, giusta procura allegata al controricorso, dall'avvocato Luca Cirillo (C.F.: (Omissis));
- controricorrente -
nonchè ASL (Omissis) SUD (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore;
- intimata -
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 1606/2020, pubblicata in data 5 novembre 2020;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 22 marzo 2023 dal Consigliere TATANGELO Augusto.
Svolgimento del processo
E.E., creditore della ASL (Omissis) Sud, ha pignorato le disponibilità della stessa presso l'istituto tesoriere Banco di Napoli Spa (oggi Intesa Sanpaolo Spa ). Quest'ultimo ha dichiarato la sussistenza di un saldo attivo sul conto di tesoreria, precisando però che tale saldo risultava già interamente vincolato in virtù di precedenti pignoramenti notificati contro la medesima ASL, senza che si fossero determinate disponibilità successive al pignoramento.
Sorta contestazione su tale dichiarazione, il giudice dell'esecuzione ha richiesto all'istituto tesoriere terzo pignorato l'integrazione della stessa, con l'indicazione degli estremi delle precedenti procedure esecutive incidenti sul credito dichiarato e, comunque, l'esibizione delle scritture contabili attestanti le operazioni successive al pignoramento; non avendo la banca integrato la dichiarazione, ha disposto l'assegnazione delle somme pignorate.
L'istituto tesoriere ha impugnato l'ordinanza di assegnazione con l'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c.. L'opposizione è stata accolta dal Tribunale di Torre Annunziata. Ricorre il H.H., sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo Spa .
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la ASL intimata. E' stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Prima della data fissata per l'adunanza, si sono costituiti A.A., nonchè B.B., C.C. e D.D., quali eredi di E.E., deceduto dopo la proposizione del ricorso.
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni dalla data della decisione.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia "nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 543, 547, 550 e 552 c.p.c., nonchè art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)". Con il secondo motivo si denunzia "nullità della sentenza per la violazione e falsa applicazione degli artt. 547, 548, 549 e 550 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)".
Con il terzo motivo si denunzia "nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4 - motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 3)".
I tre motivi del ricorso, in quanto logicamente e giuridicamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati.
2. Il ricorrente deduce, in primo luogo, che il tribunale avrebbe errato nel qualificare la dichiarazione di quantità resa dal terzo tesoriere come negativa.
Intesa Sanpaolo Spa aveva dichiarato che sussisteva un saldo attivo sul conto di tesoreria, per oltre 17 milioni di Euro, limitandosi a specificare che la predetta somma era già integralmente vincolata in virtù di precedenti pignoramenti e che dal momento del pignoramento non si erano verificate ulteriori disponibilità.
Si tratta di una dichiarazione oggettivamente e innegabilmente di carattere positivo, in quanto il terzo ha dichiarato l'esistenza di un credito dell'azienda debitrice esecutata nei suoi confronti, in virtù del saldo positivo del conto di tesoreria, precisando esclusivamente che vi erano precedenti pignoramenti che avevano già colpito il medesimo credito.
E' principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, cui va data piena continuità, quello per cui la dichiarazione di quantità con la quale il terzo riconosce l'esistenza di una sua obbligazione nei confronti del debitore esecutato, anche se contiene la precisazione che il credito aggredito in via esecutiva è soggetto a vincoli di qualunque genere (impignorabilità, vincoli di destinazione rilevanti per legge ecc.), non perde affatto il suo carattere positivo: i vincoli incidono del resto solo sulla possibilità di procedere all'assegnazione del credito, questione rispetto alla quale il terzo è di regola estraneo (salvo che gliene derivi un pregiudizio diretto), non sul carattere della dichiarazione.
2. In realtà, la questione effettivamente rilevante ai fini della presente controversia, non è tanto il carattere positivo o meno della dichiarazione resa dal terzo, visto che il contenuto di detta dichiarazione, con riguardo all'esistenza del credito pignorato, è chiaro ed evidente (il terzo ha infatti espressamente dichiarato che il conto di tesoreria presentava un saldo di oltre 17 milioni di Euro, benchè interamente vincolato in virtù di pignoramenti notificati in precedenza), ma la circostanza che detta dichiarazione, pur positiva, risulta palesemente incompleta.
In proposito, emerge dagli atti che il giudice dell'esecuzione, essendo sorta contestazione sulla completezza della dichiarazione di quantità resa dal terzo tesoriere senza l'indicazione degli estremi dei precedenti pignoramenti di cui era stata dedotta l'esistenza, lo aveva espressamente invitato ad integrarla fornendo tali indicazioni e lo aveva anche avvertito che, in mancanza, avrebbe considerato verificati gli effetti di cui all'art. 548 c.p.c., comma 2.
L'istituto terzo aveva omesso di rendere l'integrazione richiesta e, di conseguenza, il giudice dell'esecuzione aveva assegnato le somme pignorate espressamente enunciando che, in virtù di tale omissione, la dichiarazione resa doveva considerarsi "tacitamente positiva".
Il tribunale ha ritenuto, però, che il giudice dell'esecuzione avesse effettuato una "ingiustificata commistione tra il procedimento di cui all'art. 548 c.p.c.)...... e quello di cui all'art. 549 c.p.c." e (anche) da tale affermazione ha fatto discendere l'il-legittimità del provvedimento di assegnazione.
Tale conclusione non è conforme a diritto.
3. Ai sensi dell'art. 550 c.p.c., comma 1, il terzo, nel rendere la dichiarazione di quantità, ha anche l'obbligo di "indicare" i pignoramenti che sono stati eseguiti presso di lui.
Il verbo "indicare" implica evidentemente che di tali pignoramenti devono essere precisati gli estremi necessari alla loro individuazione, cioè quanto meno il creditore, la data di notifica del pignoramento e l'entità della somma pignorata; il terzo dovrebbe poi altresì precisare, laddove possibile, il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione già emessi.
In base a tali indicazioni, infatti, il giudice dell'esecuzione deve individuare le procedure ancora pendenti in ordine al medesimo credito, verificarne lo stato o l'esito ed eventualmente disporne la riunione, come impone l'art. 550 c.p.c. nel richiamare l'art. 524 c.p.c..
Del resto, lo stesso tribunale, nella parte finale della sentenza impugnata, afferma che, anche ad intenderla come positiva, la dichiarazione di quantità resa dal terzo tesoriere non avrebbe consentito l'assegnazione, in quanto avrebbe dovuto disporsi la riunione della procedura esecutiva per cui è causa con quelle originate dai precedenti pignoramenti.
Da tale ultima affermazione emerge chiaramente l'erroneità e la contraddizione logica insita nella decisione impugnata.
Non vi è dubbio che, in presenza di una pluralità di pignoramenti aventi ad oggetto il medesimo credito, il giudice dell'esecuzione debba verificare lo stato delle varie procedure (in particolare, individuando quelle che hanno dato già luogo ad assegnazione e quelle che eventualmente non hanno dato luogo ad assegnazione, per chiusura anticipata o perchè sono tuttora pendenti) ed eventualmente disporne la riunione, anche di ufficio.
E' infatti proprio per tale ragione, come già chiarito, che l'art. 550 c.p.c. impone al terzo di indicare i pignoramenti precedenti sul medesimo credito: il giudice dell'esecuzione deve essere messo in condizione di effettuare quella verifica.
C'è allora da domandarsi come avrebbe potuto il giudice dell'esecuzione, prima di procedere all'assegnazione, disporre la riunione delle procedure aventi ad oggetto il medesimo credito (secondo quanto pare affermare il tribunale nella sentenza impugnata), se il terzo pignorato non aveva integrato la sua dichiarazione, come gli impone la legge e nonostante l'espressa richiesta in tal senso formulatagli dallo stesso giudice, mediante la precisa indicazione degli estremi dei precedenti pignoramenti.
In realtà, in caso di dichiarazione di quantità incompleta, perchè a fronte della dichiarazione dell'esistenza del credito pignorato il terzo lo dichiara già integralmente vincolato in virtù di precedenti pignoramenti ma senza indicare, in violazione dell'art. 550 c.p.c., gli estremi dei precedenti pignoramenti, il giudice dell'esecuzione non può ritenere che la dichiarazione di quantità sia stata resa in modo adeguato, secondo le previsioni di legge, il che gli impone di chiederne l'integrazione al terzo. A tale fine, naturalmente, il terzo potrà anche chiedere ed ottenere un adeguato termine, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari.
Laddove peraltro, come nella specie, siffatta integrazione venga espressamente richiesta dal giudice e il terzo non vi provveda nel termine eventualmente concessogli, è inevitabile ritenere che la dichiarazione non possa intendersi come resa regolarmente, con tutte le conseguenze previste dall'art. 548 c.p.c., anche in tema di "non contestazione".
Il giudice dell'esecuzione, quindi, in siffatta situazione, correttamente può procedere all'assegnazione del credito dichiarato esistente dal terzo, senza tener conto del generico richiamo ai precedenti vincoli gravanti sullo stesso, in quanto non oggetto di una precisa indicazione, come prescritto dalla legge, ovvero, come sostanzialmente avvenuto nella specie, ritenere la dichiarazione di quantità "implicitamente positiva".
4. In conclusione, la dichiarazione resa dall'istituto terzo tesoriere certamente non avrebbe potuto definirsi sic et simpliciter "negativa", come ha affermato il tribunale.
Essa era, al contrario, di carattere oggettivamente positivo, anche se ciò che ha effettivo rilievo ai fini dello svolgimento della procedura esecutiva di cui si controverte è che si trattava di una dichiarazione incompleta e che quindi, come tale, non poteva ritenersi resa in modo conforme a legge, con riguardo all'indicazione dei vincoli gravanti sul credito dichiarato in virtù di precedenti pignoramenti, il che giustificava l'assegnazione delle somme dichiarate, anche ai sensi dell'art. 548 c.p.c., come correttamente ritenuto dal giudice dell'esecuzione.
5. Per quanto poi riguarda la pretesa "ingiustificata commistione tra il procedimento di cui all'art. 548 c.p.c.) ...... e quello di cui all'art. 549 c.p.c.", dalla quale il tribunale ha fatto discendere l'illegittimità del provvedimento di assegnazione, si osserva quanto segue.
Secondo quanto emerge dagli atti, la contestazione della originaria dichiarazione di quantità era sorta proprio in ordine alla completezza ed alla dedotta "elusività" della stessa, di modo che il giudice aveva (del tutto correttamente, come già visto) chiesto al terzo di integrarla ai sensi dell'art. 550 c.p.c., mediante l'indicazione degli estremi dei precedenti pignoramenti di cui aveva fatto menzione, espressamente avvisandolo che, in mancanza, ne avrebbe tratto le conseguenze previste dall'art. 548 c.p.c., comma 2.
Tale richiesta, rivolta dal giudice al terzo, non si può certamente considerare un atto di istruzione del giudizio sommario di accertamento del credito di cui all'art. 549 c.p.c., accertamento che si rende necessario a seguito delle contestazioni sull'esistenza di detto credito, ma costituisce una corretta modalità di applicazione di quanto previsto dalla legge nell'ambito della fase del procedimento di cui all'art. 548 c.p.c., cioè della fase in cui il giudice dell'esecuzione valuta se sia stata resa la dichiarazione di quantità in modo completo, in conformità a quanto previsto dalla legge, ed eventualmente sollecita il terzo a completarla.
E siffatta valutazione, ovviamente, può ben preludere all'assegnazione, oltre che in base alla semplice considerazione del carattere positivo della dichiarazione resa in concreto, anche eventualmente in base al meccanismo della cd. "non contestazione" di cui all'art. 548 c.p.c., per la parte della dichiarazione che non sia stata resa.
Il fatto poi che, nella specie, contestualmente alla richiesta di integrazione della dichiarazione, il giudice dell'esecuzione avesse anche chiesto al terzo di esibire le scritture contabili successive al pignoramento, va inteso come una richiesta complementare alla prima, cioè come una richiesta di integrazione della dichiarazione resa, comunque volta ad acquisire gli elementi necessari per verificare i presupposti dell'eventuale necessità di riunione delle procedure esecutive aventi ad oggetto il medesimo credito.
In ogni caso, anche a volere ammettere per un momento che, con il suo modo di procedere, il giudice dell'esecuzione abbia effettuato una sorta di "commistione" tra le attività di cui all'art. 548 e quelle di cui all'art. 549 c.p.c., indebitamente anticipando le seconde ad un momento in cui non erano ancora esaurite le prime, si tratterebbe di una (eventuale) commistione che di certo nella specie non potrebbe avere alcuna incidenza sulla legittimità del provvedimento finale di assegnazione delle somme pignorate, dal momento che l'assegnazione risulta disposta sulla base della sola circostanza (peraltro sufficiente a tal fine, per quanto esposto in precedenza) della mancata integrazione della dichiarazione mediante l'indicazione degli estremi dei precedenti pignoramenti richiamati dal terzo, senza che al mancato deposito delle scritture contabili sia stato attribuito alcun rilievo a tal fine.
6. La decisione impugnata va, quindi, cassata affinchè in sede di rinvio la fattispecie sia rivalutata sulla base dell'applicazione dei seguenti principi diritto:
"nel procedimento di espropriazione di crediti di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., laddove il terzo pignorato dichiari la sussistenza della propria obbligazione nei confronti del debitore esecutato, precisando però che il relativo credito risulta già vincolato in virtù di precedenti pignoramenti, egli ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 550 c.p.c., di indicare gli estremi di detti pignoramenti (precisando, quindi, quanto meno i creditori pignoranti, la data della notifica dei pignoramenti, gli importi pignorati, nonchè il contenuto delle dichiarazioni di quantità già rese e gli eventuali pagamenti già effettuati in base ai provvedimenti di assegnazione emessi), onde consentire al giudice dell'esecuzione di disporre eventualmente, nella presenza dei necessari presupposti, la riunione delle procedure, ai sensi dell'art. 524 c.p.c.; nel caso in cui tali indicazioni non siano fornite dal terzo, la dichiarazione dovrà ritenersi incompleta e il giudice dell'esecuzione dovrà chiedere la sua integrazione allo stesso terzo, fissando una nuova udienza ai sensi dell'art. 548 c.p.c. e concedendogli, nell'ipotesi in cui i pignoramenti in questione siano in numero tale da rendere necessaria una complessa attività di recupero dei dati necessari, un adeguato termine; nel caso in cui, peraltro, nonostante il termine all'uopo concesso, l'integra-zione non sia resa dal terzo, la dichiarazione non potrà intendersi regolarmente resa, ai sensi dello stesso art. 548 c.p.c., con la conseguenza che, se le allegazioni del creditore o anche la stessa dichiarazione comunque resa dal terzo consentano l'individuazione del credito pignorato, potrà procedersi all'assegnazione di esso in favore del creditore procedente".
7. Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
- accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 22 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2023