Il rifiuto del lavoratore al trasferimento legittima il licenziamento

Il rifiuto del lavoratore al trasferimento legittima il licenziamento

Commento alla Cass. sez. Lavoro, sentenza  21 maggio 2015, n. 10468 (a cura dell’ Avv. Francesco Botta)

È Legittimo il licenziamento del lavoratore che oppone il suo rifiuto ad un  trasferimento presso una sede distaccata o secondaria dell'azienda. Questo è quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione , Sezione Lavoro, con la sentenza n. 10468/2015, la quale ha altresì specificato che, anche nel caso in cui vi sia stato un “demansionamento” funzionale, questo non consente il diniego del dipendente all’erogazione della prestazione lavorativa.

Ebbene , anche in primo grado , il Tribunale investito della causa, aveva inteso quale inadempiente la condotta del lavoratore che aveva rifiutato di prestare la propria opera presso la sede distaccata.

I Giudici di Legittimità ,sul punto, hanno osservato che  le valutazioni dei Giudici di prime cure vanno immuni da censure, atteso che il lavoratore non poteva “legittimamente rifiutarsi di adempiere l'obbligo di prendere servizio presso il luogo del distacco e rendere la prestazione lavorativa nei termini in cui questa gli era stata richiesta, stante il potere gerarchico del datore di lavoro, la sussistenza a suo carico dell'obbligazione principale di pagamento della retribuzione e, per contro, quella principale del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa".

Nel caso in esame , il lavoratore ha sostenuto che il trasferimento avesse determinato una conseguente dequalificazione delle sue mansioni ma,come chiarito dalla Corte, questo non giustifica il suo diniego a rendere la prestazione poiché tale atteggiamento va a  configurare una inammissibile forma di autotutela.

il lavoratore,pertanto, se avesse inteso far valere i propri diritti avrebbe dovuto adire l’Autorità Giudiziaria nelle forme ordinarie tralasciando di porre in essere un esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Si riporta di seguito,in allegato, il testo integrale della sentenza


 

Visualizza Cass. sez. Lavoro, sentenza 21 maggio 2015, n. 10468


Avv. Francesco Botta

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