Focus Giuridici - Il Fondo Patrimoniale
L’istituto del fondo patrimoniale, introdotto nell’ Ordinamento Italiano dalla legge 17/05/1975 n. 151, è disciplinato dagli articoli 167 – 171 del Codice Civile.
Esso consiste nell’ apposizione convenzionale, da parte di uno dei coniugi ,di entrambi o anche di un terzo,di un vincolo in forza del quale determinati beni,immobili,mobili iscritti nei pubblici registri o titoli di credito,sono destinati a far fronte ai bisogni legati alla famiglia.
L’istituto costituisce l’evoluzione del cosiddetto “patrimonio familiare”,regolato dalla disciplina previgente alla riforma del 1975.
Secondo la struttura tracciata dal Codice Civile,appare evidente il richiamo ai c.d. “apporti dotali”,strumenti contemplati nella pregressa disciplina , tant’è che soggetti terzi (nella prassi,solitamente i genitori o i parenti dei coniugi) possono effettuare attribuzioni patrimoniali a beneficio della famiglia.
Presupposto fondamentale per la costituzione del fondo è l’esistenza di una famiglia legittima.
Il fondo patrimoniale è compatibile sia con il regime patrimoniale della comunione legale, quanto con quello della separazione dei beni.
Nell’atto di costituzione,Salvo patto contrario, la proprietà dei beni costituenti fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, mentre i frutti che essi hanno attitudine a produrre devono essere impiegati per i bisogni della famiglia.
Si potrebbe quindi affermare che la costituzione del fondo patrimoniale da luogo a due differenti posizioni giuridiche;una inerente il potere di disposizione dei beni e un’altra che fa riferimento al regime di amministrazione degli stessi.
Già accennato alla natura del vincolo di destinazione cui sono soggetti i beni, per quanto attiene l’amministrazione dei medesimi , in virtù di quanto recita il terzo comma dell’art. 168 c.c. , questa è regolata secondo la disciplina riferibile alla comunione legale.
Secondo la prevalente dottrina,il costituente o i costituenti, possono senza dubbio riservarsi totalmente o parzialmente la proprietà dei beni conferiti, ma per quanto investe il potere di amministrazione questo spetta in ogni caso ad entrambi coniugi.
Rispetto alla normativa ante-riforma , in un contesto socio culturale in rapida evoluzione,tale istituto è stato tuttavia connotato da un vincolo di destinazione più tenue rispetto a quello del menzionato “patrimonio familiare”; difatti i coniugi potranno disporre liberamente dei beni non soltanto quando ciò sia sancito nell' atto di costituzione,ma ogni qual volta i coniugi raggiungeranno un accordo in tal senso. Sul punto è bene precisare che esistono ,tuttavia ,dei limiti.
Ed invero, qualora vi siano dei figli minori, devono sussistere delle situazioni di reale necessità o quantomeno di evidente opportunità, al fine di ottenere l’autorizzazione a disporre del Tribunale competente, il quale provvede in Camera di Consiglio e sentito il Pubblico Ministero così come da art. 38 Disp. Att. Codice Civile commi 2 e 3.
Per quanto concerne invece l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione ,secondo il cristallizzato orientamento della giurisprudenza, va rilevato che la costituzione del fondo patrimoniale è riconducibile al novero delle convenzioni matrimoniali e ,come tale, assoggettata alle disposizione dell’art. 162 c.c.
Sarà pertanto necessaria una annotazione a margine dell’atto di matrimonio, dovendosi intendere la trascrizione del vincolo per gli immobili ex art. 2647 c.c. quale mera pubblicità-notizia.
Tale aspetto assurge ad una fondamentale rilevanza in riferimento alla c.d. “aggredibilità” dei beni sottoposti a vincolo da parte dei creditori e/o del fisco, atteso che ,secondo il principio generale sancito dall’art. 2740 c.c., in tema di responsabilità patrimoniale, il soggetto debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Ebbene,la costituzione di una sorta di patrimonio separato,soggetto per di più ad un vincolo di destinazione e distinto dal resto della massa patrimoniale,pone una pericolosa limitazione al dettato dell’art. 2470 c.c. e comporta quindi una potenziale riduzione delle garanzie dei creditori.
Al riguardo l’art. 170 c.c. specifica che l’esecuzione sui beni del fondo e sui relativi frutti non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Assume quindi rilevanza autonoma il fattore della conoscenza da parte del creditore delle motivazioni che hanno spinto il debitore a contrarre il debito.
Assume ,pure, autonomo rilievo l’effettiva attinenza tra la natura del contratto (sotteso) al concetto di “bisogni della famiglia”.La Giurisprudenza sul punto ha chiarito che le necessità del nucleo familiare non possono essere meramente riconducibili al fattore della semplice “sussistenza”,ma possono bensì configurarsi riguardo all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, escludendo di fatto solo le esigenze voluttuarie o quelle caratterizzate da intenti meramente speculativi.
Con riferimento,invece, ai crediti sorti antecedentemente la costituzione del fondo patrimoniale non si pongono particolari problemi:L’atto costitutivo potrà essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a seguito dell’esperimento dell’azione revocatoria ex art 2901 c.c. , la quale, si prescrive in cinque anni.
Il ricorso all’istituto in esame si presta quindi sovente quale strumento elusivo al fine di porre in essere delle condotte illecite;difatti un uso distorsivo del fondo, potrebbe dar luogo a dei veri e propri tentativi di frode laddove i soggetti passivi del reato sono individuabili sia nei creditori privati quanto lo Stato ,inteso come ente riscossore.
Si potrebbe configurare a scapito dello Stato il reato di sottrazione fraudolenta ai danni del fisco,fattispecie prevista dall’art. 11 del D.Lgs n. 74/2000 che disciplina i cosiddetti reati tributari.
La Giurisprudenza,chiamata a porre freno a tali fenomeni, ha individuato degli indici sentore di un uso improprio e potenzialmente offensivo del fondo patrimoniale.
Questi sono :1)l’aver contratto matrimonio nella immediata prossimità della costituzione del fondo; 2)l’esistenza di contenziosi fiscali che facevano ritenere probabile un’azione del fisco volta al recupero del credito dovuto: 3) l’inidonietà dei beni inseriti nel fondo a soddisfare i bisogni della famiglia; 4)l’eccessività dei beni inseriti nel fondo rispetto ai reali bisogni della famiglia.