SERVITU' - Aggravamento delle servitù - Cass. civ. Sez. II Ord., 09-09-2021, n. 24380

SERVITU' - Aggravamento delle servitù - Cass. civ. Sez. II Ord., 09-09-2021, n. 24380

In tema di estensione del diritto di servitù, l'aggravamento di una servitù conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalità di esercizio non può ritenersi "in re ipsa", ma deve essere valutata caso per caso, in relazione al coacervo delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo, a tal fine, l'indagine del giudice di merito essere rivolta non tanto all'accertamento della maggiore "utilitas" che il fondo dominante possa conseguire dalle innovazioni introdotte dal suo proprietario, quanto ad acclarare se il maggior godimento di cui beneficia il proprietario medesimo comporti o meno un'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto - Presidente -

Dott. CARRATO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. ABETE Luigi - Consigliere -

Dott. CASADONTE Annamaria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 13387/2016) proposto da:

C.G., (C.F.: (OMISSIS)) e CA.GI., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. Guglielmo Rustico, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell'Avv. Bellino Elio Panza, in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 6;

- ricorrenti -

contro

R.C., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall'Avv. Carmelo Ruta, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Pietro Roccasalva, in Roma, v. Salaria, n. 292;

- controricorrente -

e F.G., F.F., FR.FL. e F.S.;

- intimati -

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 680/2015 (pubblicata il 21 aprile 2015);

udita la relazione della causa svolta nell'adunanza camerale del 29 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

lette le memorie depositate dalle difese di entrambe le parti costituite ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c..

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 92/2012 il Tribunale di Modica rigettava la domanda negatoria proposta da R.C. nei confronti di C.G. e Ca.Gi. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale da questi ultimi formulata, dichiarava l'intervenuto acquisto, in loro favore, per usucapione sul fondo dell'attore della servitù di passaggio esercitata sulla stradella sita in (OMISSIS), nella porzione indicata in catasto al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS), limitatamente all'accesso alla proprietà di cui al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS); dichiarava, altresì, inammissibili le domande riconvenzionali formulate da F.G., F.F., Fr.Fl. e F.S., con la conseguente regolazione delle complessive spese processuali.

2. Decidendo sull'appello avanzato da R.C. e nella costituzione dei soli appellati C.G. e Ca.Gi., la Corte di appello di Catania, con sentenza n. 680/2015 (pubblicata il 21 aprile 2015), lo accoglieva e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, condannava i due C. a chiudere il varco che si incontrava percorrendo la stradella precedentemente indicata, oltre che al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

A fondamento dell'adottata decisione la Corte etnea, sul presupposto dell'intervenuto passaggio in giudicato della statuizione relativa all'acquisto del diritto di servitù di passaggio attraverso la strada in questione in favore dell'immobile dei C. (non censurata dal R.), rilevava che il gravame ineriva, in effetti, solo la contestazione della modifica delle modalità di esercizio della servitù stessa, che si era venuta a concretare nella recente apertura di un nuovo varco con la possibilità di accesso di autoveicoli di grossa cilindrata nel fondo dei C., così ponendo in essere un aggravamento della servitù stessa.

3. C.G. e Ca.Gi. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la suddetta sentenza.

Si è costituito con controricorso R.C., mentre tutte le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Le difese di entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione agli artt. 1051, 1063 e 1067 c.c., nella parte in cui, con l'impugnata sentenza, la Corte di secondo grado non aveva dichiarato d'ufficio inammissibile l'appello del R. sul presupposto della proposizione, con il suo gravame, di una domanda nuova attinente alla richiesta di un illegittimo aggravamento della condizione del fondo servente di sua proprietà, nel mentre si sarebbe dovuto considerare che egli aveva formulato, con l'iniziale atto di citazione, una domanda riferita all'accertamento di un'illegittima costituzione di una servitù di passaggio.

2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto - con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 1063 e 1067 c.c., per l'asserita erroneità dell'impugnata decisione, posto che la Corte di appello benchè il capo relativo alla servitù di passaggio sulla stradella, sia a piedi che con mezzi meccanici, fosse passato in giudicato per difetto di impugnazione - aveva ritenuto di poter statuire sul contenuto di detta servitù, riducendone inammissibilmente la portata e limitandola a mezzi di piccolo ingombro, in contrasto con quanto stabilito dalla sentenza di primo grado, coperta in parte qua dal giudicato.

3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c., per non aver la Corte di appello disposto quantomeno la compensazione parziale delle spese giudiziali, poichè alcune delle domande del R. erano state rigettate.

4. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato dal momento che - diversamente da quanto con esso prospettato - non si è venuta a configurare la violazione dell'art. 345 c.p.c., non avendo il R. proposto in appello una domanda nuova ma, così come già formulata in primo grado, quella di accertamento dell'aggravamento della servitù di passaggio (di cui non si contestava l'acquisto per usucapione a favore dei proprietari del fondo dominante) sul suo terreno servente, realizzatasi mediante l'apertura di un nuovo varco di accesso (tale da rendere possibile il transito sulla stradella anche di veicoli di grosse dimensioni per entrare nel fondo dei C.), con rilevante svasatura verso la strada di proprietà esclusiva di esso R., anche per effetto della modifica del naturale deflusso delle acque da parte degli odierni ricorrenti.

5. Anche la seconda censura è priva di fondamento e deve essere rigettata.

Infatti, la Corte di appello, dopo aver affermato l'applicabilità del principio del "tantum praescriptum quantum possessum" in funzione dell'acquisto del diritto di usucapione, ha adeguatamente valutato in fatto che l'usucapione (sul cui accertamento si era venuto a formare il giudicato) era da riferirsi all'esercizio del diritto di passaggio sia a piedi che con mezzi meccanici ma solo di piccole dimensioni, ragion per cui la sopravvenuta apertura di un nuovo varco ad opera dei C. - tale consentire il passaggio anche di veicoli di grossa cilindrata - aveva certamente comportato un aggravamento della servitù.

Pertanto, la Corte catanese ha correttamente statuito che anche con riguardo ad una servitù costituita per usucapione, un successivo esercizio della servitù medesima con modalità diverse e più ampie (nella specie, mediante il passaggio con autoveicoli e macchinari di notevole mole) esula dalla legittima evoluzione dell'originario diritto ed integra un'innovazione vietata dall'art. 1067 c.c., qualora anche in relazione all'eventuale mutamento dello stato dei luoghi ed indipendentemente dall'identità dell'utilitas del fondo dominante si traduca in un aggravio della situazione del fondo servente, come, per l'appunto, accertato in concreto dalla stessa Corte territoriale con adeguata valutazione di merito insindacabile nella presente sede di legittimità (essendo rimasto riscontrato che, prima del nuovo intervento dei C., la servitù veniva esercitata a piedi o con mezzi di modestissime dimensioni a tre ruote e che, addirittura, le condizioni della stradella non permettevano - come comprovato dalle risultanze della c.t.u. - la percorribilità della stessa con macchine nel tratto relativo all'accesso all'immobile dei C.: v. pag. 7 della motivazione dell'impugnata sentenza).

A tal proposito va rimarcato che l'aggravamento di una servitù conseguente alla modificazione dello stato dei luoghi o alla sopravvenienza di diverse modalità di esercizio non può ritenersi "in re ipsa", ma deve essere valutata caso per caso, in relazione al coacervo delle circostanze in concreto esistenti, tenendo conto degli elementi probatori forniti dalle parti, dovendo, a tal fine, l'indagine del giudice di merito essere rivolta non tanto all'accertamento della maggiore "utilitas" che il fondo dominante possa conseguire dalle innovazioni introdotte dal suo proprietario, quanto ad acclarare se il maggior godimento di cui beneficia il proprietario medesimo comporti o meno un'intensificazione dell'onere gravante sul fondo servente. E ciò è proprio quello che la Corte territoriale ha congruamente accertato con apprezzamento fattuale incensurabile in questa sede, siccome adeguatamente e logicamente motivato (cfr., ad es., Cass. n. 1912/1987; Cass. n. 4523/1993 e Cass. n. 14015/2005).

6. Il terzo ed ultimo motivo deve essere rigettato perchè la Corte di appello ha, con l'impugnata sentenza, applicato legittimamente l'art. 91 c.p.c. in virtù della soccombenza degli appellati sul motivo principale del gravame ed avendo ritenuto assorbita ogni altra questione (senza, quindi, esaminarla nel merito).

7. In definitiva, il ricorso va integralmente respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, sempre con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021


Avv. Francesco Botta

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