SANITA' E SANITARI - RESPONSABILITA' - Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 21-03-2018, n. 7044
In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile.n tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza (Cass. n. 18392/2017; sull'onere di prova del nesso causale anzidetto in capo al paziente proprio in fattispecie di danno causato da ipossia neonatale, cfr. anche Cass. n. 11789/2016 e Cass. n. 12686/2011)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide - Presidente -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. RUBINO Lina - Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - rel. Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24908-2016 proposto da:
C.A.M.G., in proprio e quale amministratore di sostegno della figlia F.A., F.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 6551, presso lo studio dell'avvocato MARIA GIOVANNA RUO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato STEFANO BORSACCHI;
- ricorrenti -
contro
AZIENDA USL (OMISSIS) NORD OVEST C.F./P.I. (OMISSIS), succeduta a titolo universale in tutti i rapporti giuridici all'AZIENDA USL (OMISSIS) PISA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato NICOLA PAGNOTTA, rappresentata e difesa dall'avvocato GIUSEPPE MATI;
- controricorrente -
contro
D.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI n. 35, presso lo studio dell'avvocato MARCO VINCENTI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BACCIO BACCI;
- controricorrente -
contro
T.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO n. 2, presso lo studio dell'avvocato SIMONA CARLONI, rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCO GHILLI;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1167/2016 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 13/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.
Svolgimento del processo
che, con ricorso affidato a due motivi, C.A.M.G., in proprio e quale amministratore di sostegno della figlia F.A., e F.G. hanno impugnato la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, in data 13 luglio 2016, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale di Pisa che, a sua volta, aveva respinto la domanda, avanzata dai medesimi odierni ricorrenti, di condanna dell'Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) di Pisa e dei medici D.G.M. e T.M. al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza delle gravi patologie cerebrali da cui era risultata affetta la minore a causa, in particolare, del ritardo con cui era stato effettuato il parto cesareo presso l'U.O. di Ostetrica e Ginecologia del Presidio Ospedaliero di Pontedera in situazione di sofferenza fetale;
che la Corte territoriale (per quanto ancora rileva in questa sede) osservava: 1) che le due c.t.u. medico-legali espletate nel corso del giudizio di primo grado erano complementari tra loro e, pertanto, la seconda c.t.u. non era stata disposta per essere la prima affetta da nullità, là dove, poi, era risultata corretta la decisione del primo giudice di ritenere irrituale la produzione delle perizie di parte (del Prof. A. e del dr. Ab. all'udienza del 21 ottobre 2009), contenenti osservazioni e rilievi critici alla c.t.u., in quanto avvenuta dopo il deposito della c.t.u. stessa e "per di più" essendo dette perizie state redatte "da consulenti di parte diversi da quelli ritualmente nominati nel processo"; 2) che, sulla scorta degli accertamenti tecnici, non solo non era riscontrabile in capo ai medici "negligenza, imperizia ed imprudenza", ma neppure sussisteva "relazione e nesso causale tra le lesioni e gli esiti invalidanti subiti dalla bambina F.A. e la condotta dei medici", così come era da escludersi la possibilità di ricondurre il danno cerebrale "causalmente o concausalmente ad un inadempimento della struttura ospedaliera per inadeguata organizzazione del servizio";
che resistono con separati controricorsi la Azienda USL Toscana Nord Ovest (già Azienda USL (OMISSIS) Pisa), T.M. e D.G.M..
che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 - bis c.p.c., è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale i ricorrenti, nonchè i controricorrenti D.G. e T. hanno depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Motivi della decisione
che:
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., "in punto di producibilità di consulenza tecnica di parte e i sua erronea espunzione e conseguente omessa valutazione": la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere corretta la decisione di primo grado là dove aveva reputato inammissibile la produzione dei due reperti redatti dai consulenti tecnici di parte ricorrente, il cui esame avrebbe potuto condurla a ritenere sussistente un aggravamento della sofferenza fetale durante il travaglio e, quindi, al riconoscimento di una concausa del danno cerebrale di cui era risultata affetta F.A.;
a.1) il motivo è inammissibile. Posto che la doglianza non integra, di per sè, la prospettazione di una violazione dell'art. 116 c.p.c., (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) in relazione al vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 4, (ciò sussistendo solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime: Cass. n. 11892/2016), essa - proprio perchè la consulenza di parte è semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, consentita anche in appello (tra le altre, Cass. n. 20347/2017) - si risolve in una critica alla valutazione delle prove e all'accertamento di fatto riservati esclusivamente al giudice del merito e insindacabili in sede di legittimità (Cass. n. 23940/2017), se non nei limiti del vizio denunciabile ai sensi del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e in conformità all'insegnamento di Cass., S.U., n. 8053/2014, ossia dell'omesso esame di fatti "storici" decisivi (tale, dunque, da inficiare con certezza l'anzidetto accertamento). Denuncia che, nella specie, è del tutto carente, non avendo i ricorrenti evidenziato quali fatti storici e decisivi risultassero dalle perizie ritenute irritualmente prodotte in primo grado e non esaminati dalla Corte territoriale, ma avendo incentrato le censure sulla mancata o insufficiente considerazione delle valutazioni formulate dai periti in base ai fatti accertati e oggetto di diverso apprezzamento da parte del giudice di merito. Non senza doversi, altresì, evidenziare che il giudice di secondo grado aveva esaminato le ulteriori "osservazioni critiche contenute nell'atto di appello", ritenendole già allora "generiche" e "prive di indicazioni idonee a comprovare l'essenzialità di circostanze di fatto che i consulenti tecnici d'ufficio avrebbero omesso di considerare" (p. 10 sentenza impugnata);
b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176, 1218 e 2697 c.c., per "errata applicazione dei principi in punto di nesso di causalità e di onere probatorio"; la Corte territoriale avrebbe operato una inversione degli oneri probatori, pur in assenza di dimostrazione che l'evento ipossico-acidemico si fosse verificato prima del parto (ed anzi sussistendo la prova contraria in forza delle risultanze delle perizie di parte), spettando ai medici e alla struttura sanitaria, e non già ad essi originari attori, la prova sulla mancanza di un loro inadempimento e che lo stesso non era stato eziologicamente rilevante;
b.1) il motivo è in parte manifestamente infondato e in parte inammissibile;
- è manifestamente infondato là dove censura l'asserita inversione degli oneri probatori inerenti alla materia della responsabilità sanitaria e, segnatamente, in punto di nesso causale, giacchè la Corte territoriale - in forza di un accertamento positivo (e diffusamente argomentato in base alle risultanze di causa) sulla insussistenza della relazione causale "tra le lesioni e gli esiti invalidanti subiti dalla bambina F.A. e la condotta dei medici", nonchè tra danno cerebrale e "inadempimento della struttura ospedaliera per inadeguata organizzazione del servizio" - ha confermato il rigetto delle domande attoree (come detto, per l'assorbente rilievo circa l'inesistenza del necessario nesso eziologico) in armonia con il principio per cui (anche) in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza (Cass. n. 18392/2017; sull'onere di prova del nesso causale anzidetto in capo al paziente proprio in fattispecie di danno causato da ipossia neonatale, cfr. anche Cass. n. 11789/2016 e Cass. n. 12686/2011);
- è, poi, inammissibile là dove le doglianze, lungi dal palesarsi come deducenti un error in indicando, investono l'apprezzamento di fatto del giudice di merito, senza neppure farne oggetto di sindacato ai sensi del vigente l'art. 360 c.p.c., n. 5;
la memoria depositata dai ricorrenti, nel ribadire quanto già esposto con i motivi di impugnazione, non è in grado di scalfire i rilievi che precedono;
il ricorso va, dunque, rigettato e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida:
- in favore della Azienda USL (OMISSIS) Nord Ovest, in Euro 2.500,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;
- in favore sia del D.G., che del T., in Euro 3.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Motivazione Semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 23 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2018